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15/02/2024

Ai tempi di oggi, in cui siamo abituati – tante volte anche inconsapevolmente – a condividere sui social media gli eventi della nostra vita privata ed i nostri dati personali, può accadere che questi ultimi vengano utilizzati da parte delle così dette piattaforme di rating reputazionale. Ma cosa dicono al riguardo il Garante della Privacy e la Cassazione Civile?

Le piattaforme di rating reputazionale, ideate per elaborare profili di persone fisiche e giuridiche, promettono di valutare la reputazione dei soggetti in modo imparziale ed affidabile. Tuttavia, questa pratica solleva domande riguardo alla gestione dei dati personali e alla trasparenza delle informazioni.

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Cosa sono le piattaforme di rating reputazionale?

Le piattaforme di rating reputazionale sono sistemi online che assegnano un punteggio a individui, aziende, enti o istituzioni per valutarne l'affidabilità, la credibilità o la performance. Questo punteggio, chiamato "rating", si basa su diversi fattori, come ad esempio:

Per le persone
- Storia creditizia: ritardi nei pagamenti, insolvenze, pignoramenti.
- Comportamento online: recensioni, commenti sui social media, attività su forum.
- Dati anagrafici: età, luogo di residenza, stato civile, livello di istruzione.
- Titolo di studio e storico lavorativo.
- Iscrizione a liste nere o a database di persone non affidabili.

Per le aziende
- Situazione finanziaria: fatturato, utile, debiti, patrimonio netto.
- Rispetto delle normative: sanzioni, multe, controversie legali.
- Soddisfazione dei clienti: recensioni, reclami, feedback.
- Reputazione online: menzioni sui media, presenza sui social media.
- Comportamento etico e sociale: rispetto dell'ambiente, tutela dei lavoratori, impegno nella comunità.

Questi strumenti sono utilizzati da privati e aziende prima di stipulare un contratto, per valutare l'affidabilità e la qualità di un prodotto e per monitorare e gestire la propria reputazione online. Le valutazioni e le recensioni raccolte su queste piattaforme possono influenzare le decisioni di acquisto degli utenti e hanno un impatto significativo sull'immagine e sulla credibilità di un'azienda o di un individuo.

In Italia, il tema del rating reputazionale è regolato dal GDPR (General Data Protection Regulation) e dal Codice Privacy. Il Garante per la protezione dei dati personali ha emanato diverse linee guida e provvedimenti per tutelare la privacy degli individui e per garantire la correttezza e la trasparenza dei sistemi di rating reputazionale.

 

Il Parere del Garante della Privacy

Il Garante della Privacy, valutato il trattamento dei dati personali da parte di una associazione che impiega una piattaforma web sul rating reputazionale di professionisti ed imprese, con un apposito provvedimento aveva ritenuto che mancassero le caratteristiche di conformità e correttezza, manifestando dubbi sulla corretta gestione dei dati raccolti.

La Contestazione dell'Associazione

Non concordando con il provvedimento del Garante, l'associazione ha portato la questione davanti al Tribunale e successivamente alla Corte di Cassazione. L'ordinanza n. 28358/2023 della Cassazione ha annullato il provvedimento del Garante, riconoscendo la legittimità dell'associazione e della sua piattaforma di rating reputazionale.

La Cassazione ha chiarito che il consenso per il trattamento dei dati deve essere prestato liberamente e specificamente. Nel caso delle piattaforme di rating, in cui un algoritmo elabora i dati, l'utente deve essere informato in modo chiaro e dettagliato sull'algoritmo utilizzato.

La decisione della Cassazione

Nella sentenza è stato chiarito che colui che presta il proprio consenso deve essere preventivamente informato circa le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati, la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati, le conseguenze di un rifiuto di rispondere, i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati, l'ambito di diffusione dei dati medesimi, nonché circa i diritti spettanti a chi conferisce i propri dati.

Quando, come nel caso delle piattaforme di rating, i dati personali sono destinati ad essere "lavorati" da un algoritmo - inteso come procedimento affidabile per ottenere un certo risultato o risolvere un certo problema - anche tale modalità deve essere descritta all'utente in modo non ambiguo ed in maniera dettagliata, e deve essere necessariamente coperta dal consenso affinché lo stesso possa dirsi liberamente e specificatamente reso.

Secondo la Cassazione, l'associazione in questione ha rispettato tutti i requisiti del consenso e ha fornito informazioni dettagliate sull'algoritmo utilizzato. Di conseguenza, la Cassazione ha annullato il provvedimento del Garante, affermando esplicitamente la legittimità dell'operato della piattaforma di rating reputazionale.

 

Conclusione:

Il verdetto della Cassazione ha stabilito un importante precedente riguardo alla legittimità delle piattaforme di rating reputazionale, sottolineando l'importanza della trasparenza e del consenso informato nella gestione dei dati personali.
La decisione evidenzia la necessità di un approccio chiaro e dettagliato nella descrizione degli algoritmi utilizzati, rafforzando la legittimità di tali piattaforme nell'era digitale.

In collaborazione con:

Studio Legale Spagnuoli
Piazza F. Guardi 11
20133 Milano

I contenuti di cui sopra hanno carattere meramente informativo e non possono sostituirsi ad una consulenza da parte di un professionista qualificato sul caso specifico. In nessun caso la compagnia può essere ritenuta responsabile dell’utilizzo che ne può essere fatto.

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