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Il diritto all’oblio consiste nella possibilità per ciascun cittadino di veder rimuovere o, quanto meno, oscurare le notizie e le informazioni che lo riguardano una volta divenute vecchie o non più attuali.

Questo diritto mira a proteggere le persone comuni da una rappresentazione digitale fuorviante o non più attinente alla loro identità presente.

 

Far valere questo diritto richiede un equilibrio con il diritto all'informazione, protetto dall'articolo 21 della Costituzione.

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Il contesto giurisprudenziale

Il diritto all'oblio, che solo di recente ha trovato ufficiale consacrazione nel Regolamento Europeo per la Privacy (Gdpr), nasce a seguito dell’evoluzione giurisprudenziale.
In particolare, la Corte di Giustizia UE e la Cassazione hanno giocato un ruolo cruciale nel suo sviluppo, per salvaguardare la reputazione delle persone.

La sfida è stata quella di trovare un necessario bilanciamento tra la tutela dell’individuo e il diritto all’informazione.
L’ordinanza n. 2893 della Suprema Corte, depositata il 31 gennaio 2023, ha rappresentato un passo avanti verso il riconoscimento del diritto all'oblio per coloro che sono stati oggetto di articoli relativi a vicende giudiziarie, poi risoltesi con assoluzioni.

 

Il caso specifico

La questione in discussione riguardava due professionisti indagati e arrestati per i reati di concussione, peculato e falso ideologico di pubblico ufficiale in atto pubblico e poi assolti. Essi avevano chiesto la cancellazione degli articoli presenti negli archivi online di una testata giornalistica.
Il Tribunale inizialmente aveva respinto la richiesta, ma la Cassazione, investita della questione, ha stabilito che, pur mantenendo l'articolo negli archivi, esso deve essere deindicizzato per non essere "reperibile" tramite i “comuni motori di ricerca”, ma solo attraverso l'archivio storico del quotidiano.

 


Si osserva che se l’archivio storico di un quotidiano ha la funzione di conservare esattamente la memoria degli articoli pubblicati, in ossequio al duplice rilievo costituzionale, in quanto strumentale alla ricerca storica ed espressione del correlato diritto (art. 33 Cost.) e come espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21 Cost.), l’operatività di un motore di ricerca nell’ambiente internet che, tramite collegamento con le generalità di una persona, permette con estrema facilità di reperire in rete, anche molti anni dopo, la traccia di eventuali notizie e articoli, è solamente un mezzo tecnologico per ottenere la ricerca e il reperimento di questo o quell’articolo già pubblicato in passato.

L’offesa recata al singolo non appare sostanziarsi tanto nella mera permanenza in rete della notizia, quanto piuttosto nelle modalità con le quali ciò avviene. L’accesso generalizzato e indistinto ai contenuti di una notizia, consentito agli utenti del web, ha reso il diritto all’oblio rilevante, poiché la permanenza di informazioni obsolete può ledere la reputazione di un individuo.

Riguardo il prevedibile conflitto fra il diritto dell’interessato alla tutela dei suoi dati personali e alla riservatezza, che si delinea con il diritto all’oblio, e il diritto all’informazione, la corte, prendendo in esame quanto indicato dal GDPR, ha rammentato che

In tema di trattamento dei dati personali e di diritto all'oblio è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, nell’archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di una inchiesta giudiziaria, poi sfociata nell’assoluzione dell’imputato, purché, a richiesta dell'interessato, l’articolo sia deindicizzato e non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l'archivio storico del quotidiano e purché, a richiesta documentata dell'interessato, all'articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce, che dia conto dell'esito finale del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico e il diritto del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita lesione della propria immagine sociale.


In conclusione, il bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca è un imperativo, e la decisione della Cassazione rappresenta un passo significativo verso tale equilibrio. La protezione della reputazione individuale deve coesistere con il diritto fondamentale all'informazione, cercando soluzioni che rispettino entrambi gli aspetti.

 

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In collaborazione con:

Studio Legale Associato Franciosa - Passini
Piazza Montegrappa n. 11
00044 – Frascati (RM)

Si avverte che i contenuti hanno carattere meramente informativo e non possono sostituirsi ad una consulenza da parte di un professionista qualificato sul caso specifico. In nessun caso la compagnia può essere ritenuta responsabile dell’utilizzo che ne possa essere fatto.

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